L'assemblea  regionale siciliana, nella seduta del 28 luglio 1990,
 ha approvato il disegno di legge n. 760/A, dal titolo "Istituzione  e
 disciplina  del  servizio  di  riscossione  dei  tributi  e  di altre
 entrate", comunicato a questo commissariato  dello  Stato,  ai  sensi
 dell'art. 28 dello statuto sociale, il successivo 31 luglio 1990.
    Il  legislatore regionale, nella materia di cui trattasi, esercita
 potesta' legislativa di natura concorrente,  ai  sensi  dell'art.  26
 dello   statuto   speciale   e,  nello  specifico,  il  provvedimento
 legislativo teste' approvato ripete validita'  e  legittimita'  dalla
 disposizione di cui all'art. 132 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43.
    Si  ritiene  opportuno,  in  via preliminare, rappresentare che le
 previsioni  normative,  contenute  nel  predetto  disegno  di  legge,
 adeguano    all'assetto   burocratico-istituzionale   della   regione
 siciliana e alla realta' socio-economica dell'isola  le  disposizioni
 dettate in via generale dal legislatore nazionale.
    In  questo  contesto  trova  legittimo  supporto,  ad avviso dello
 scrivente, la  scelta  operata  dal  legislatore  regionale  riguardo
 all'individuazione   dei   soggetti  cui  puo'  essere  conferita  la
 concessione del servizio di riscossione dei tributi.
    Il  provvedimento  legislativo de quo conferma, infatti, la scelta
 precedentemente operata con legge regionale n.  54/1985,  e  ribadita
 con legge regionale n. 19/1989, a favore degli istituti di credito di
 diritto pubblico nella  considerazione  che  soltanto  tali  soggetti
 possano  garantire,  a  causa  della  loro  particolare  struttura  e
 gestione, la efficenza e la "trasparenza" del servizio stesso, attesi
 i  precedenti,  certamente  non  edificanti,  che si erano verificati
 nell'isola con esattorie private.
    Ma  il  perseguimento  di  siffatto  lodevole  obiettivo  non puo'
 esonerare  il  legislatore  regionale  dal  rispetto   dei   principi
 costituzionalmente  garantiti,  quale,  nella  fattispecie,  il  buon
 andamento della pubblica amministrazione (art. 97).
    A  tale  riguardo,  la norma contenuta nell'art. 51 del disegno di
 legge in argomento da' adito a rilievi sul piano  della  legittimita'
 costituzionale.
    La  disposizione teste' citata prevede, infatti, la concessione, a
 favore della Sogesi, nella qualita' di  commissario  governativo,  di
 un'indennita'  "straordinaria", fino all'importo di 60.000 milioni di
 lire, limitatamente all'anno 1990, e previa presentazione di  istanza
 corredata  di  rendiconto sulle spese di gestione sopportate (nonche'
 una anticipazione di L. 50.000  milioni  al  tasso  del  5%,  per  il
 medesimo anno) disposto dall'art. 52.
    La fattispecie qui in considerazione, sebbene cocernente la stessa
 materia di cui al precedente ricorso commissariale avverso il disegno
 di legge avente per oggetto "Interventi nel settore della riscossione
 delle imposte dirette", deciso da codesta ecc.ma Corte  con  sentenza
 n.  428  del  25 luglio 1989, si differenzia, a sommesso avviso dello
 scrivente,  dalla  disposizione  precedentemente  censurata  per   un
 duplice ordine di ragioni.
    Innanzitutto,  il  soggetto  titolare  del  servizio  di  esazione
 assumeva  il  ruolo  di  "esattore";  ora,  invece,  di  "Commissario
 governativo"  -  ex  art.  3  della  l.r. n. 19/1989 - e, pertanto, i
 parametri legislativi di riferimento sono mutati e vanno diversamente
 interpretati.
    La  sopra  menzionata  disposizione  appare,  infatti, ictu oculi,
 porsi in difformita'  da  quanto  previsto  dal  legislatore  statale
 all'art. 25 del piu' volte citato d.P.R. n. 43/1988.
    Quest'ultima  norma,  infatti,  stabilisce  quale  compenso per il
 servizio  di  riscossione  dei  tributi,   svolto   dal   commissario
 governativo,   commissioni,   compensi   e  rimborsi  spese  nonche',
 eventualmente, la partecipazione dell'amministrazione finanziaria e/o
 delle  amministrazioni  comunali,  interessate  al servizio medesimo,
 alle spese per i locali e per gli  arredi  necessari  all'adempimento
 del  servizio  di  riscossione,  mantenendo  cosi', percio', fermo il
 principio secondo cui tutte le spese di gestione sono  a  carico  del
 soggetto incaricato.
    In  proposito, si ritiene di dover porre nella dovuta evidenza che
 il legislatore regionale, all'art. 3 della legge n.  19/1989,  -  ove
 era  previsto il conferimento del servizio di riscossione dei tributi
 ad un  commissario  governativo  sino  all'entrata  in  vigore  della
 normativa  regionale  di  cui  all'art.  132  del d.P.R. n. 43/1988 e
 comunque per un periodo non superiore  a  sei  mesi  -  stabiliva  la
 misura  delle  commissioni,  dei  compensi  e  dei  rimborsi,  di cui
 all'art. 25 del d.P.R.  n.  43/1988,  includendovi  anche  gli  oneri
 relativi  ai  locali  ed  agli  arredi,  eventualmente  necessari per
 l'adempimento del servizio.
    Tale  determinazione  era,  peraltro, effettuata in misura massima
 rispetto a quella fissata dal Ministro delle  finanze  per  tutto  il
 territorio nazionale.
    L'attuale  previsione contenuta nell'art. 51 del disegno di legge,
 teste'  approvato,  alla  luce  di  quanto  prima   esposto,   appare
 discostarsi,  pertanto,  dai  principi  di  buona amministrazione cui
 anche la Regione siciliana e' tenuta ad uniformarsi.
    Se  l'intervento  del  legislatore regionale fosse stato, infatti,
 esclusivamente  rivolto   a   "riparare"   all'omissione,   contenuta
 nell'art.   3   della   legge   n.  19/1989,  avrebbe  dovuto  semmai
 condizionare l' an ed il quantum dell'indennita' "straordinaria" alla
 presentazione  di  un  rendiconto  relativo alle spese effettivamente
 sostenute per i locali e gli arredi.
    Per  quanto  attiene,  inoltre, ai parametri in base ai quali deve
 essere  determinata  l'indennita'  "straordinaria",  non   puo'   non
 rilevarsi  che, sebbene una simile individuazione fosse stata operata
 in passato dal legislatore nazionale - art. 3 del d.P.R. n.  954/1977
 - l'indennita' cosi' determinata era comunque preclusa alle esattorie
 gestite da aziende di credito alle quali era esclusivamente riservata
 l'integrazione  d'aggio prevista in alternativa alla indennita' sopra
 citata.
    La  risposta  della  presidenza della regione, del 27 luglio 1990,
 alla richiesta di elementi di valutazione ai sensi  dell'art.  3  del
 d.P.R.  20  giugno  1969, n. 488, non aiuta a sciogliere... l'enigma,
 anzi Sessanta miliardi di lire per spese di arredamento e dei  locali
 di  una societa' esattoriale (l'attuale commissario governativo), nel
 corso di un solo anno, gia' in  esercizio  da  circa  un  lustro,  fa
 pensare   all'acquisto   di   tecnologie   piu'  che  avveniristiche,
 fantastiche, nonche'  di  arredi  di  oro  massiccio...  Ma  bisogna,
 comunque, essere molto rispettosi del denaro pubblico...
    Riguardo,   inoltre,   alla   seconda  ragione  della  prospettata
 differenziazionerispetto alla questione gia' decisa da codesta ecc.ma
 Corte  con  sentenza  n.  428/1989,  rispettando  le  tesi giuridiche
 sostenute, non puo' non porsi in luce quella  che,  ad  avviso  dello
 scrivente,  appare  essere  la medesima finalita' gia' perseguita dal
 legislatore  regionale  con  legge  n.  13/1989   per   mezzo   della
 concessione alla SO.GE.SI. di una prima indennita' "straordinaria" di
 L. 25.000 milioni e riconosciuta di tal natura da codesto consesso.
    Ora  come  allora,  infatti,  il  legislatore regionale, nel voler
 garantire  ad  ogni  costo  l'ordinaria  gestione  del  servizio   di
 riscossione,  affidato  alla  SO.GE.SI.,  si  dispone  a rinnovare la
 concessione di una indennita'  "straordinaria"  anche  questa,  nella
 definizione anche se non pure nella sostanza, come sembra.
   A   conferma  di  siffatta  lettura  della  ratio  della  norma  in
 questione, sovviene la disposizione di  cui  al  secondo  comma,  che
 subordina  il  diritto alla percezione dell'indennita' in parola alla
 prosecuzione del servizio di riscossione da parte della SO.GE.SI.  in
 tutti gli ambiti territoriali e sino al 31 dicembre 1990.
    Dopo il riberese Crispi (di cui non si possono, certamente, se non
 tradendo la storia, disconoscere meriti e  doti  di  grande  statista
 dell'Italia  unita),  "salvatore"  della  Banca romana, il Parlamento
 siciliano (o almeno quella parte  che  ha  votato  favorevolmente  la
 disposizione  ora  censurata)  e'  da  ritenere  il  "salvatore"  del
 Consorzio di grandi Banche,  di  diritto  pubblico,  le  quattro  che
 costituiscono  la  SO.GE.SI.? Ovvero del sistema esattoriale isolano?
 Un tale "salvataggio"  e',  a  parte  il  diritto  ma  anche  secondo
 diritto,   giustificato,   ammissibile,  costituzionalmente,  per  un
 bilancio regionale  certamente  non  florido  e  che  ha  bisogno  di
 notevoli  risorse  per affrontare gli endemici, annosi problemi della
 Sicilia e dei siciliani?
    Come  si  fa  a  comprendere appieno le ragioni, le cause vere del
 "ristoro"  (non  si  vuol  ricorrere  a  termine  diverso  da  quello
 adoperato dal legislatore regionale), assicurato alla Sogesi?
    Ben  sessanta  miliardi di lire (piu' cinquanta di anticipazione),
 che non sono "bruscolini", mutuando il vocabolo usato in aula  da  un
 deputato durante la discussione del disegno di legge in questione. Se
 anche a questi sessanta miliardi di lire si aggiungono i  quarantadue
 (25+17),   che  sono  stati  elargiti,  ineccepibilmente  secondo  il
 giudizio  di  codesta  ecc.ma  Corte,  alla   SO.GE.SI.   nel   1989,
 l'operazione  "esattorie  pulite",  in  due anni, costa (costera') al
 popolo siciliano circa centicinquanta miliardi di lire... I "Salvo" -
 pace  all'anima  loro  - colpiscono ancora?... Il "pubblico", meglio:
 la "trasparenza del pubblico", a  qualsiasi  costo,  costi  quel  che
 costi,  non  pare  che sia sempre una buona e ragionevole politica: e
 cio' e' anche emerso dai lavori assembleari. E' il caso di  accennare
 timidamente  che  si  sta  tornando  al  "privato" - beninteso non al
 privato che tanti guasti e tanti  guai  ha  determinato  nel  recente
 passato,  specie  in  Sicilia -; anche la Comunita' europea spinge in
 questa direzione, in quella della c.d. liberalizzazione in  generale.
 E'   lecito,   ammissibile  cio'  sul  piano  dello  stretto  diritto
 costituzionale? Si possono, validamente, sempre dal  punto  di  vista
 del  jure, elargire, a piene mani (manibus date lilia plenis) tante e
 cotali somme mentre manca l'acqua, i campi s'inaridiscono,  la  folla
 di  cittadini  assetati  brucia e distrugge municipi, assedia le sedi
 istituzionali, peggio del tumulto per il pane di manzoniana  memoria?
 Quale organo istituzionale potra' ancora validamente e giuridicamente
 sostenere "anche di fronte  all'opinione  pubblica  isolana"  che  e'
 perfettamente  lecito,  costituzionalmente  corretto ed ineccepibile,
 regalare tanti, tantissimi miliardi di lire dei  contribuenti,  anche
 isolani,  ad un consorzio di banche i cui utili (banche singolarmente
 prese), sono sotto gli occhi di tutti  annualmente?  Responsabilmente
 codesta  ecc.ma Corte costituzionale? Presumiamo fortemente di no³ La
 giustizia ha i suoi buoni giudici, anche in Italia.